di Marco Pasinato
Michel e Ghislaine , una coppia affiatata di artisti francesi. Dopo una carriera come insegnanti si sono completamente dedicati all’arte sacra. Li abbiamo intervistati nel loro atelier su una collina di Iffendic in Bretagna.
Una parola sulla vostra attività di arte sacra.
Michel (M.): Sono stato professore di arte plastica. Ora mi occupo di arredamento liturgico. Ho cominciato quando mi è stato chiesto di ristrutturare il presbiterio della parrocchia. Mi dedico anche alla pittura.
Ghislaine (G.): Anch’io sono stata insegnate di un liceo artistico a Parigi. Dopo aver ottenuto il prepensionamento per dedicarmi completamente ai miei tre figli, ho cominciato a seguire dei corsi per apprendere l’arte dell’iconografia.
La vostra esperienza di artisti.
M. : Anzitutto vorrei sottolineare l’importanza di essere una coppia. La nostra preghiera insieme, il nostro percorso di fede, i nostri studi di storia dell’arte, tutto fa da terreno fecondo per poter realizzare le nostre opere. Inoltre ci completiamo e ci sosteniamo a vicenda. Ci sentiamo sostenuti dallo Spirito in ogni fase che ci porta alla realizzazione di un opera: talvolta questo percorso è una lotta interiore, per integrare le diversità, per superare alcune barriere psicologiche, per essere più umili e diventare sempre più docili all’ispirazione.
G.: "Io dipingo come l’uccello canta" (Monet): nello stesso tempo una necessità e una chiamata. Alla sera di una giornata dove ho lavorato molto mi sento felice. Quando incontro delle difficoltà tecniche allora è più dura! Inoltre l’arte delle icone si vive in un clima di preghiera. Così ci sono dei giorni dove è meglio che non dipinga affatto; anche se, grazie a Dio, sono pochi!
La vostra esperienza di artisti "a quattro mani"
M.: È iniziata quando eravamo ancora indifferenti al discorso religioso e non è stato facile: occorre infatti che ciascuno possa trovare il suo spazio e che l’opera prenda forma secondo due personalità differenti. La sintonia di coppia ci ha permesso di trovare un modo di operare che permetta a ciascuno di portare il "suo" contributo alla creazione comune! Poi è arrivata l’esperienza della conversione e per sette anni abbiamo interrotto ogni attività artistica: era necessario che la nostra mente fosse pacificata dalla presenza del Signore e che poco a poco tornasse la Luce nella nostra vita. Accettando la responsabilità di un gruppo di preghiera in parrocchia abbiamo ripreso in mano i pennelli realizzando un’icona per il gruppo: fu un momento particolare, dove la nostre mani sembravano guidate mentre dipingevamo il volto di Cristo!
G.: Confermo che lavorare insieme è un’esperienza bella, ricca e non sempre facile.
Michel (M.): Sono stato professore di arte plastica. Ora mi occupo di arredamento liturgico. Ho cominciato quando mi è stato chiesto di ristrutturare il presbiterio della parrocchia. Mi dedico anche alla pittura.
Ghislaine (G.): Anch’io sono stata insegnate di un liceo artistico a Parigi. Dopo aver ottenuto il prepensionamento per dedicarmi completamente ai miei tre figli, ho cominciato a seguire dei corsi per apprendere l’arte dell’iconografia.
La vostra esperienza di artisti.
M. : Anzitutto vorrei sottolineare l’importanza di essere una coppia. La nostra preghiera insieme, il nostro percorso di fede, i nostri studi di storia dell’arte, tutto fa da terreno fecondo per poter realizzare le nostre opere. Inoltre ci completiamo e ci sosteniamo a vicenda. Ci sentiamo sostenuti dallo Spirito in ogni fase che ci porta alla realizzazione di un opera: talvolta questo percorso è una lotta interiore, per integrare le diversità, per superare alcune barriere psicologiche, per essere più umili e diventare sempre più docili all’ispirazione.
G.: "Io dipingo come l’uccello canta" (Monet): nello stesso tempo una necessità e una chiamata. Alla sera di una giornata dove ho lavorato molto mi sento felice. Quando incontro delle difficoltà tecniche allora è più dura! Inoltre l’arte delle icone si vive in un clima di preghiera. Così ci sono dei giorni dove è meglio che non dipinga affatto; anche se, grazie a Dio, sono pochi!
La vostra esperienza di artisti "a quattro mani"
M.: È iniziata quando eravamo ancora indifferenti al discorso religioso e non è stato facile: occorre infatti che ciascuno possa trovare il suo spazio e che l’opera prenda forma secondo due personalità differenti. La sintonia di coppia ci ha permesso di trovare un modo di operare che permetta a ciascuno di portare il "suo" contributo alla creazione comune! Poi è arrivata l’esperienza della conversione e per sette anni abbiamo interrotto ogni attività artistica: era necessario che la nostra mente fosse pacificata dalla presenza del Signore e che poco a poco tornasse la Luce nella nostra vita. Accettando la responsabilità di un gruppo di preghiera in parrocchia abbiamo ripreso in mano i pennelli realizzando un’icona per il gruppo: fu un momento particolare, dove la nostre mani sembravano guidate mentre dipingevamo il volto di Cristo!
G.: Confermo che lavorare insieme è un’esperienza bella, ricca e non sempre facile.
L’artista è un tipo "a parte", appartenente a un’élite oppure una persona concreta?
M.: Artista: uomo "a parte": perché no? In quanto persona con una sensibilità oltre la media, che gli permetta di esprimere una sua interpretazione del mondo che lo circonda. Quanto al fatto di essere un’élite: alcuni lo pensano, ma è una trappola dove ci si compiace del proprio"io e si diventa la "caricatura" del vero artista. Mi sembra invece che riconoscendo i propri limiti, restiamo ancorati al concreto evitando uno stile orgoglioso.
G.: La nostra sensibilità ci permette di percepire in modo acuto sia la bellezza che i drammi della vita. A parte questo, siamo persone concrete, inserite nel mondo che esprimiamo il nostro pensiero e non esitiamo a coinvolgerci nella chiesa, nelle associazioni, nella politica, etc.
Giovanni Paolo II scrisse agli artisti: L’arte autentica ha una profonda affinità con la fede.
G.: Ho sempre pensato che l’artista è come una "porta" aperta sul Mistero: deve saper tenere aperta questa porta per sé e per i suoi contemporanei. L’artista credente ha, secondo me, la missione di elevare verso la Bellezza: e non importa se non è "alla moda" o secondo l’aria che tira!
M.: L’opera, quando è ispirata, raggiunge il destinatario in quel fondo comune e intimo dove ci sono le questioni fondamentali sul perché della vita e della nostra relazione con l’Universo. Essa può portare una luce su un aspetto particolare di questo mistero, che rivela a ciascuno il suo posto.
M.: Artista: uomo "a parte": perché no? In quanto persona con una sensibilità oltre la media, che gli permetta di esprimere una sua interpretazione del mondo che lo circonda. Quanto al fatto di essere un’élite: alcuni lo pensano, ma è una trappola dove ci si compiace del proprio"io e si diventa la "caricatura" del vero artista. Mi sembra invece che riconoscendo i propri limiti, restiamo ancorati al concreto evitando uno stile orgoglioso.
G.: La nostra sensibilità ci permette di percepire in modo acuto sia la bellezza che i drammi della vita. A parte questo, siamo persone concrete, inserite nel mondo che esprimiamo il nostro pensiero e non esitiamo a coinvolgerci nella chiesa, nelle associazioni, nella politica, etc.
Giovanni Paolo II scrisse agli artisti: L’arte autentica ha una profonda affinità con la fede.
G.: Ho sempre pensato che l’artista è come una "porta" aperta sul Mistero: deve saper tenere aperta questa porta per sé e per i suoi contemporanei. L’artista credente ha, secondo me, la missione di elevare verso la Bellezza: e non importa se non è "alla moda" o secondo l’aria che tira!
M.: L’opera, quando è ispirata, raggiunge il destinatario in quel fondo comune e intimo dove ci sono le questioni fondamentali sul perché della vita e della nostra relazione con l’Universo. Essa può portare una luce su un aspetto particolare di questo mistero, che rivela a ciascuno il suo posto.
È possibile riprendere il dialogo interrotto tra chiesa e artisti?
G.: Alcuni artisti che lavorano per la chiesa oggi, cedono alla tentazione di fare ad ogni costo dell’arte alla moda e purtroppo sfigurano il Bello, offrendo ai fedeli un’arte totalmente disumanizzata. Mi lascia perplessa anche la scelta di certe commissioni d’arte sacra, che non segue un vero discernimento. Credo che gli artisti che lavorano per la chiesa debbano coltivare una fede profonda o, per lo meno, una sincera ricerca spirituale.
G.: Alcuni artisti che lavorano per la chiesa oggi, cedono alla tentazione di fare ad ogni costo dell’arte alla moda e purtroppo sfigurano il Bello, offrendo ai fedeli un’arte totalmente disumanizzata. Mi lascia perplessa anche la scelta di certe commissioni d’arte sacra, che non segue un vero discernimento. Credo che gli artisti che lavorano per la chiesa debbano coltivare una fede profonda o, per lo meno, una sincera ricerca spirituale.
Siete d’accordo che "la bellezza salverà il mondo"?
M.: Come insegna la parabola dei talenti, noi artisti dobbiamo chiederci come far fruttificare il grande dono che abbiamo ricevuto. Recito sempre questa preghiera: "Tu, Maestro divino di tutto ciò che esiste, rischiara e dirigi l’anima, il cuore e lo spirito del tuo servo, guida le sue mani, affinché possa rappresentare degnamente e perfettamente la tua immagine, quella di tua Madre e di tutti i santi, per la gloria, la gioia e la bellezza della tua santa Chiesa".
G.: Una signora presente a una nostra esposizione mi diceva: "Mi sento talmente bene qui; è l’ottava volta che ritorno!" Nel mio piccolo, cerco di portare un messaggio di speranza e di bellezza. Il mondo non è solo dramma e brutture. Bisogna scoprire la Bellezza che è in noi, attorno a noi, negli avvenimenti, nella creazione e … saper rendere grazie!
M.: Come insegna la parabola dei talenti, noi artisti dobbiamo chiederci come far fruttificare il grande dono che abbiamo ricevuto. Recito sempre questa preghiera: "Tu, Maestro divino di tutto ciò che esiste, rischiara e dirigi l’anima, il cuore e lo spirito del tuo servo, guida le sue mani, affinché possa rappresentare degnamente e perfettamente la tua immagine, quella di tua Madre e di tutti i santi, per la gloria, la gioia e la bellezza della tua santa Chiesa".
G.: Una signora presente a una nostra esposizione mi diceva: "Mi sento talmente bene qui; è l’ottava volta che ritorno!" Nel mio piccolo, cerco di portare un messaggio di speranza e di bellezza. Il mondo non è solo dramma e brutture. Bisogna scoprire la Bellezza che è in noi, attorno a noi, negli avvenimenti, nella creazione e … saper rendere grazie!
Per finire "in bellezza" quale messaggio ai lettori?
Auguriamo che ciascuno possa scoprire la Bellezza in ciò che lo circonda, ottenendo dal Signore uno sguardo di fanciullo che mette in ogni cosa la gioia semplice dello stupore.
Auguriamo che ciascuno possa scoprire la Bellezza in ciò che lo circonda, ottenendo dal Signore uno sguardo di fanciullo che mette in ogni cosa la gioia semplice dello stupore.