giovedì 8 gennaio 2009

Discepoli di San Paolo come il Montfort


Sabato 11 ottobre, i partecipanti al Consiglio Generale Straordinario della Congregazione dei Missionari Monfortani, hanno vissuto un pellegrinaggio verso la Basilica di San Paolo, per far memoria del grande Apostolo in questo anno a lui dedicato. La figura e il grande messaggio di San Paolo hanno illuminato e guidato tutti i momenti di preghiera.
L’eredità carismatica lasciataci dal nostro Fondatore si rifà molto al cammino tracciato dagli Apostoli. S. Luigi Maria di Montfort scrive all’inizio della Regola Manoscritta che chi vuole unirsi a lui in questa piccola compagnia deve seguire le orme degli Apostoli poveri. Poco più avanti, nello stesso numero della Regola, il Fondatore aggiunge: “potranno così dire sempre con Gesù Cristo, il Signore mi ha mandato per annunciare ai poveri un lieto messaggio”. E ancora aggiunge: “gli autentici missionari devono poter dire in verità con San Paolo: andiamo vagando di luogo in luogo”.
Era stato il Papa Clemente XI ad aver confermato il Santo nella missione di rinnovare lo spirito del cristianesimo nel paese transalpino, durante la visita a Roma nel 1706, dove si era recato per chiedere luce al successore di Pietro circa la missione da svolgere nella sua vita apostolica. Questa conferma ricevuta ha portato il Montfort a vivere la sua missione sulle orme dell’Apostolo San Paolo che egli chiamava semplicemente “l’Apostolo” e che è stato per lui vero modello di vita missionaria e apostolica.
Raccogliendo questa eredità, i missionari della Compagnia di Maria, per lunghi decenni si sono dedicati alle missioni popolari in un vasto territorio della Francia, seguendo il Fondatore che invitava a tenere le missioni indifferentemente nella città come nelle campagne, condividendo le più tenere inclinazioni del Cuore di Gesù … preferendo le campagne alla città, i poveri ai ricchi. La scelta dello stile della missione, come pure i luoghi dove svolgere questa attività aiutano a capire lo scopo che San Luigi voleva raggiungere: rinnovare lo spirito cristiano nei cristiani, e questo attraverso la rinnovazione delle promesse battesimali.
Sono dovuti passare più di 150 dalla morte del Fondatore perché i suoi discepoli intraprendessero un cammino missionario al di fuori dell’Europa, prima in Haiti, e poi in altri paesi, svincolati da ogni ufficio e preoccupazione temporale che possa fermarli. Liberi di correre con San Paolo e con gli altri apostoli, dovunque Dio li chiamerà.
San Luigi di Montfort domanda per i suoi futuri collaboratori che “realizzino fedelmente le parole piene di carità del grande Apostolo: mi sono fatto tutto a tutti”. Lo slancio missionario ad gentes dei suoi discepoli ha conosciuto momenti di grande profondità così che la scelta di posti, spesso di frontiera, alcune volte ha portato con sé anche la morte di giovani missionari.
Ma un altro aspetto della vita missionaria di Paolo ha fecondato l’attività spirituale e apostolica del Padre di Montfort e quella dei suoi discepoli: la scelta di annunciare Cristo crocifisso, potenza e sapienza di Dio.
Costituendo, nell’ospedale generale di Poitiers, un piccolo gruppo di donne, folli agli occhi della sapienza umana, Luigi Maria apre la strada alla fondazione delle Figlie della Sapienza, chiamate ad annunciare l’amore di Gesù, Sapienza Eterna e Incarnata, che si fa presente nei poveri. Il Montfort stesso, durante una missione, caricando sulle spalle un povero, bussò alla porta dove erano ospitati i missionari dicendo: “aprite a Gesù Cristo”. Nei poveri e nei malati il Montfort invitava a vedere lo stesso Cristo, ma gli stava a cuore anche l’educazione e la formazione dell’infanzia che affidava alle suore di questa nascente congregazione religiosa, come anche a dei fratelli predisposti a questo compito. Questa seconda missione darà vita ad un’altra congregazione religiosa, quella dei Fratelli Monfortani di San Gabriele.
A partire dal grande calvario che San Luigi di Montfort realizzò nei pressi di Nantes, con la partecipazione attiva e entusiasta di centinaia di persone, è diventata tradizione anche fra i suoi discepoli l’abitudine di erigere in molti posti del mondo dei Calvari che possano presentare il volto di Cristo nel mistero della Croce. Visitando le diverse missioni, mi viene spontaneo soffermarmi in questi luoghi e meditare il messaggio di Paolo che “aveva deciso di non insegnare altro che Cristo e Cristo Crocifisso”, e pensare anche al Montfort.
Nel cantico cristologico della lettera ai Filippesi: “Cristo Gesù, che pur essendo di condizione divina, non conservò gelosamente il suo essere uguale a Dio, ma si è abbassato prendendo la condizione di schiavo e divenendo simile agli uomini”, insieme alla narrazione dell’Annunciazione dove Maria si presenta come la “schiava del Signore”, troviamo l’ispirazione del Montfort che propone la “Consacrazione a Gesù, Sapienza Eterna e Incarnata, per le mani di Maria”, chiamata spesso dal santo “schiavitù di Gesù vivente in Maria”.
Quanti frutti ha portato questo cammino di spiritualità durante questi secoli! È stata anche per me una scoperta costatare come diverse congregazioni, movimenti laici e singole persone, vivono questa spiritualità. È un cammino di santità e di testimonianza. Come quello di San Miximiliano Kolbe che ha dato la sua vita in un campo di concentramento, e quello di Giovanni Paolo II che è arrivato sulla cattedra di Pietro. Il vescovo Karol Wotyla scegliendo come motto del suo episcopato il “Totus Tuus”, conservato poi anche da Papa, dice di essersi ispirato al cammino spirituale proposto da Montfort nel Trattato della Vera Devozione a Maria. L’avere attinto a questo pozzo spirituale e apostolico spiega lo spirito missionario di questo Papa che ha avuto in San Paolo, l’Apostolo delle genti, un esempio e una guida.
Essere fedeli oggi all’eredità del nostro Fondatore, ci porta ad una riconversione dei nostri cuori al carisma che il Montfort ha vissuto alla scuola degli Apostoli poveri. Il passare degli anni, sovente, annacqua le intuizioni e l’autenticità evangelica di questi profeti. Ma la luce, che continua a stare davanti a noi, di San Paolo e del Montfort, ci spinge a riprendere con entusiasmo la grande missione di evangelizzare. Ritengo che l’anno paolino sia un’opportunità unica per noi, discepoli del Montfort, per ripensare le modalità della nostra missione. Aprendoci alla vita, alla realtà, e alle culture degli uomini del nostro mondo, sull’esempio di Paolo, possiamo recuperare una fedeltà rinnovata alle nostre origini.

Santino Brembilla

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