La Chiesa che vive in America Latina, e in particolare la Chiesa che vive in Brasile, è da tempo al centro dell’interesse degli studiosi della storia più recente della Chiesa. Una parte consistente del futuro della Chiesa si gioca proprio in questo Continente. Quale è il presente e, soprattutto quale sarà il futuro della chiesa brasiliana? Lo chiediamo a Mons. Ottorino che ringraziamo per la sua cortese disponibilità.
Prima di tutto le chiediamo alcuni ricordi significativi degli anni della sua adolescenza
Fra i ricordi piú importanti, metto al primo posto l’ambiente dove sono nato, S. Pantaleone, con la sua bellezza paesaggistica, la semplicitá di vita e la forte espressione di religiosità che ha marcato la mia vita. Nonostante fossi ancora piccolo, ho Il ricordo delle celebrazioni del mese di maggio, del passaggio della Madonna pellegrina, della catechesi, della feste che vedevano Il concorso di tutta la comunità.
Nel 1955 la mia famiglia si è trasferita a Scanzo: qui ho vissuto in modo pieno la mia adolescenza, frequentando giomalmente l’oratorio e inserendomi nel servizio liturgico. Anche durante gli anni del Seminario, la Parrocchia di Scanzo, con i suoi Sacerdoti (fra i quali ricordo Don Francesco Morelli che mi ha incamminato al Seminario) é stata il punto forte di riferimento. La Congregazione della Sacra Famiglia, con sede in Martinengo, é stato Il punto di approdo provvidenziale che ha determinato le mie scelte, la mia spiritualità,la mia passione per il Regno di Dio nel carisma della Congregazione della Sacra Famiglia, centrato sull’ educazione della gioventù. Gli ultimi anni di Teologia in Roma sono serviti per una apertura ecclesiale, intellettuale e umana più universali.
Quando e su quali motivazioni é nata la scelta di servire la causa missionaria?
Devo premettere che la presenza nella parentela di un grande missionario, P. Alessando Assolari, poi Vescovo di Mangochi in Malawi, é sempre stata un elemento catalizzatore per tutta la mia famiglia. Durante gli anni di Seminario ho tenuto una buona corrispondenza con lui. La presenza in famiglia della rivista monfortana “L’Apostolo di Maria”, della quale le mie sorelle erano zelatrici, ha favorito un interesse missionario sempre maggiore. Tuttavia non coltivavo il pensiero di fare una scelta missionaria.
Appena ordinato Sacerdote, insieme agli alunni del Collegio di cui ero vicerettore e alle giovani della scuola magistrale di Soncino con Suor Elvira, ho iniziato una grande attività per dare un supporto economico alle nostre missioni brasiliane: campi di lavoro e raccolta di tutto ciò che poteva dare un guadagno, oltre logicamente ad incontri di preghiera e di riflessione sulla missione. La passione per la causa missionaria andava aumentando, tanto è vero che feci due viaggi in Brasile, uno dei quali con un gruppo di giovani, a lavorare per un mese nelle nostre opere: si era all’inizio del 1982. Il servizio vero e proprio é iniziato nel 1990, per necessitá di Congregazione, avendo assunto la responsabilitá dell’ opera missionaria della stessa.
Quali sono state le sue prime esperienze missionarie?
Le prime esperienze missionarie consistettero nel rafforzare le attività legate al carisma della Congregazione e nell’impianto della pastorale vocazionale e del seminario.
A proposito dell’attivitá carismatica, non ho piú dimenticato i volti dei bambini, marcati dalla sofferenza, case umanamente superaffollate, sprovviste di tutto, ma anche il sorriso dei piccoli al nostro arrivo.
La costruzione di Centri Educativi per minori e gli ottimi risultati sono diventati il fiore all’ occhiello della Congregazione in Brasile. Altra realtà marcante è stato l’inserimento nella chiesa brasiliana, così vivace e creativa, con la presenza di un numero straordinario di laici come animatori e collaboratori efficaci.
Certo, non era tutto oro colato, ma questa presenza evangelizzatrice aveva e ha molto da dire alle chiese tradizionali.
Mi sono inserito in questa chiesa locale brasiliana con passi lenti, ma sempre attento a cogliere il meglio che incontravo, tentando di armonizzarlo con le mie esperienze anteriori.
Oggi mi sento orgoglioso di far parte dell’Episcopato brasiliano.
Come sono stati gli inizi del suo servizio episcopale?
Sono stato inviato come vescovo in una Diocesi di nuova creazione, in una Regione a me completamente sconosciuta, pochi Sacerdoti, grande estensione territoriale, siccità durante vari mesi, con la conseguente povertà. E oltre tutto Vescovo di prima nomina. Le sfide da affrontare non erano poche.
Il 18 Dicembre 2005 ho fatto Il mio ingresso solenne in Diocesi. I primi quattro mesi sono serviti per conoscere tutte le 16 parrocchie e le 20 città, per creare le necessarie relazioni con il Clero e le varie istituzioni locali e dare i primi orientamenti pastorali, con la realizzazione della prima Assemblea diocesana. Direi che, nonostante le preoccupazioni e le paure, ho vissuto l’inizio del mio servizio episcopale con molta serenità. Dopo tutto, il Signore che mi ha scelto e inviato, ha garantito la sua presenza e la potente azione dello Spírito.
Una sua lettura della stuazione político-religiosa attuale in Brasile
I due ultimi, grandi documenti della Chiesa brasiliana: il documento di Aparecida e le direttive generali dell’azione evangelizzatrice, danno ampio spazio alla situazione socio-politica, come realtà che interpella fortemente la Chiesa. Non potrebbe essere diversamente, perché l’evangelizzazione deve raggiungere anche queste realtà e inserirvi le sementi evangeliche.
L’individualismo, il potere dei grandi gruppi economici che, con le loro imposizioni, indeboliscono la democrazia, la grande corruzione, anche ai piú alti livelli, accompagnata dalla vergognosa impunità, il sistema giudiziario senza credibilità, sono tutti fattori che generano sfiducia e scarso interesse per la participazione politica. È interessante e di grande conforto notare che la Chiesa cattolica si trova al primo posto fra gli enti e le istituzioni che meritano fiducia. La Chiesa, con la sua critica costruttiva e la sua voce profetica, è, allo stesso tempo, criticata e apprezzata. La Conferenza Nazionale dei Vescovi intesse rapporti con il mondo della politica nella più grande libertà di espressione, che suscita ammirazione e stima. La presenza della Chiesa con la sua voce e con i suoi interventi, ha già ottenuto risultati positivi a dispetto della corruzione, in particolare con la coscientizzazione del popolo nei periodi elettorali. La laicità dello Stato, tanto proclamata, e, dall’altra parte, la giusta autonomia della Chiesa, hanno trovato nel recente contratto tra lo Stato brasiliano e la Santa Sede una risposta adeguata e positiva per le due parti.
Su quali terreni privilegiati si sta muovendo la Chiesa in Brasile? Un vescovo in politica. Se ne é parlato a lungo anche in Italia. Una sua valutazione.
La Chiesa brasiliana, reduce da una Teologia della Liberazione a volte esasperata e troppo progressista, ha conservato l’anelito per la dimensione politica e sociale. Io credo che oggi, lasciati da parte gli eccessi, ci troviamo in una situazione positiva che, a partire dalla Dottrina Sociale della Chiesa, affronta con determinazione i problemi che esigono chiarezza e orientamenti certi. La partecipazione diretta suscita problemi e perplessità: non si puó entrare in campo per un partito o una ideologia.
Nella mia Diocesi, per le elezioni municipali di quest’anno, ci sono state grandi polemiche, che mi hanno coinvolto direttamente. Ho scritto, ho parlato in pubblico sul diritto-dovere della Chiesa di offrire orientamenti e di favorire candidati cattolici. Certo, quando la Chiesa si fa avanti, chi è abituato ad agire nelle tenebre ha paura della autorevolezza della stessa. Ma ritengo che questo sia un servizio di grande valore che la Chiesa non può non offrire.
Ci sono sfide pastorali cui è necessario rispondere con urgenza? Cosa ha significato e cosa significa oggi la presenza della “teologia della liberazione” all’interno della storia del continente Latino-Americano?
Le sfide pastorali sono tante e tutte esigono risposte urgenti o, quantomeno, esigono chiarezza di orientamento. Io sono Vescovo da poco e, forse per questo, sento fortemente la responsabilità e la preoccupazione davanti ai gravi problemi pastorali: non mi do pace quando vedo che la vita cristiana non è in sintonia con le verità che professiamo. E questo non per la debolezza umana soggetta all’errore, ma per la confusione di idee e per la non conoscenza della Parola di Dio e delle esigenze dell’essere cristiani. Il Santo Padre quando è venuto in Brasile ha detto chiaramente che c’è un numero troppo grande di “cristiani nominali” e che si deve fare una nuova evangelizzazione. Non è solo urgente, è indispensabile, perché le tracce della prima evangelizzazione stanno scomparendo. D’altra parte, se si pensa che solo quarant’anni fa le Diocesi in Brasile erano circa la metà delle attuali, ció significa che un Sacerdote aveva territori immensi da evangelizzare, per cui passava una volta l’anno, celebrava Messa e Sacramenti e tutto finiva li.
Nella mia Diocesi era questa la situazione. Certo, a quel tempo le comunicazioni erano ridotte, non c’era televisione e nemmeno internet come attrattive, per cui la presenza della Chiesa era significativa, dava sicurezza, era luogo di incontro e di aggregazione e così lo spirito religioso dei Brasiliani ha trovato il suo habitat per svilupparsi. Oggi, con la globalizzazione di idee, proposte, stimoli e provocazioni basate sulla secolarizzazione e sul soggettivismo a tutto campo, gli interessi della gente sono rivolti ad altre cose, purtroppo senza valore.
Poi è venuta la Teologia della Liberazione che, se da un lato è stata benefica per far uscire la Chiesa da una stagnazione che non poteva più continuare, dall’altro ha smantellato delle sicurezze creando divisioni e confusioni.
Oggi ci troviamo in una fase ben più equilibrata, ma i fedeli se ne vanno o vivono una religiosità fatta di tante cose che non hanno niente a che fare con la fede. Sono arrivate le sette, in numero sovrabbondante, come potranno reagire i fedeli davanti alle nuove proposte religiose, se non hanno i fondamenti della loro fede? Concludendo, dico che le sfide pastorali sono tante: è urgente evangelizzare la famiglia, rivedere l’iniziazione alla vita Cristiana, sistematizzare la catechesi, vivere la missionarietà visitando parrocchie e comunità rurali con la collaborazione dei laici, questo solo per citare qualcosa. Il tutto, come ho già detto, a partire da un annuncio chiaro, senza sconti e senza paure.
Ci sono segnali che fanno guardare con ottimismo al futuro della Chiesa in Brasile?
Come segnali positivi che fanno sperare in un futuro migliore, io vedo la crescita delle vocazioni sacerdotali e religiose, l’aumento di giovani e adulti che chiedono i Sacramenti dell’iniziazione cristiana, un considerevole numero di laici che frequentano la Scuola di Teologia, con l’intento di approfondire le loro conoscenze e di prepararsi per collaborare nell’azione evangelizzatrice.
In quasi vent’anni di presenza in Brasile, io ho visto questa Chiesa crescere in qualità, ho visto l’entusiasmo di tanti animatori e ministri di comunità, ho visto la fedeltà di tante persone che, nonostante le prove e le sofferenze, amano la Chiesa.
La Conferenza generale dell’Episcopato Latino-Americano e Caribeñho sta dando grande impulso alla nostra Chiesa, sta suscitando interesse la Missione Continentale annunciata nel documento di Aparecida.
Pertanto, la nostra Chiesa, nonostante i tanti problemi e le contraddizioni, nostante le statistiche a volte “apocalittiche” sulla diminuzione numerica, è una Chiesa viva, cosciente che deve purificarsi e convinta che il Cristo Risorto conduce alla vittoria sul male, con la forza dello Spirito.
Piú evangelizzazione o promozione umana nelle attuali proposte pastorali della Chiesa in Brasile?
Non è possibile evangelizzare se non si fa promozione umana, se non c’è l’attenzione all’uomo: in questo la Chiesa è veramente Maestra. Tuttavia, in questo momento storico, credo che l’accento si debba mettere sull’evangelizzazione, per recuperare o, come ho già detto, per fare un nuovo annuncio del Vangelo e delle sue verità.
Una parola ai nostri lettori
Concludendo, voglio dire con gioia che la mia Diocesi, nonostante abbia solo tre anni di vita e abbia ancora carenze umane, strutturali ed economiche, oggi possiede un bel Centro di pastorale e di spiritualità e si appresta a inaugurare il Seminario maggiore nel prossimo mese di marzo. I miracoli ci sono anche oggi, perché la Provvidenza è sempre in movimento.
Ai cari lettori dell’Apostolo di Maria chiedo il dono della preghiera per me e per la mia Chiesa; in cambio invio a tutti la mia benedizione.
Santino Epis
giovedì 8 gennaio 2009
La fatica di educare alla fede
Etichette:
Rivista Apostolo di Maria
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento