Domitilla Rota Hyams è nata ad Almeno S. Bartolomeo nella frazione Albenza, nel 1918. Dopo l’otto settembre del 1943, la sua famiglia accolse due prigionieri sud africani i quali erano scappati dal campo di prigionia della Grumellina, in quel di Bergamo. Dal momento che uno si era fatto male scappando e non poteva camminare, la famiglia di Domitilla accettò di tenere nascosti i due nel proprio cascinale. Fu durante questo periodo che Domitilla e Daniele si conobbero. L’otto settembre del 1947, dopo essere stato a casa, Daniele Hyams tornò in Italia e sposò Domitilla.
Andarono a vivere a Johannesburg e dal loro matrimonio nacquero sei figli: Elisabeth, Mary, Veronica, Lucy, Agnese e Tarcisio. Vent’anni dopo, nel 1967, quando i figli di Daniele e Domitilla erano grandi, ma ancora tutti in casa, Domitilla, assieme ad alcuni amici appartenenti alla Chiesa cattolica, alla Chiesa metodista anglicana ed alla Chiesa riformata olandese, diede vita ad un piccolo istituto per bambini handicappati mentali gravi. Lo scopo era quello di assistere questi bambini, spesso rifiutati anche dalla stessa famiglia e di dare anche un po’ di sollievo alle mamme di questi bambini, provate dalla fatica, dall’incomprensione e addirittura dal disprezzo della società.
Nel 1971, in pieno regime di apartheid, Domitilla appoggiata da suo marito e dalle sue figlie, ha osato sfidare le leggi che proibivano la convivenza tra bianchi e neri, ospitando a Little Eden (Piccolo Paradiso), una prima bambina di colore: Stephina. Ad ispirare ed a sorreggere questa donna, oltre che la sua famiglia, è stata la sua grande fede nella Madonna e nel Signore Gesù. Domitilla non esita a scrivere proprio agli inizi di questa sua straordinaria avventura, nel suo diario: “Nonostante la loro incapacità di pensare e di comunicare come facciamo noi, la mia esperienza mi dice che l’anima di questi ragazzi possiede lo stesso nostro desiderio di infinito. Anche in presenza di una mente e di una sensibilità ridotte, l’anima è intera”.
È molto bello vederli assieme.
Attualmente, Domitilla e Daniele si aggirano ormai sui novant’anni. Lui accarezza la mano a lei e lei lo guarda con due occhi di tenerezza e di amore. Ripete ad ogni momento che Daniele è tanto buono. “E’ sempre stato molto comprensivo e mi ha sempre appoggiato”. Non dice che è stato buono solo in passato. E’ stato buono e comprensivo e lo è tuttora. Basta vedere come lui guarda lei e come lei risponde silenziosamente con gli occhi e con il sorriso. Basta guardare il volto di Daniele per comprendere che la sua bontà non è una maschera di circostanza. Per questo uomo si può usare a proposito l’aggettivo “solare”. La luce del sole rende chiaro ogni angolo della casa; la bontà di Daniele di cui parla Domitilla, non è una qualità astratta: rende bella la vita e piacevole la vecchiaia. Domitilla ha sposato ed amato questo uomo con intensità e passione, ma ne è stata ricambiata. E’ difficile dire chi sia salito sul gradino più alto e chi abbia amato di più. Quando due bicchieri sono pieni non si possono fare paragoni e confronti perché la pienezza indica totalità.
I grandi progetti che nascevano e fiorivano nel cuore di Domitilla come i tulipani in primavera, sono sempre stati accolti e sostenuti da Daniele. Domitilla ha potuto fare e realizzare tutto quello che si può ammirare al “Little Eden ed al “Elvira Rota village” (le due Istituzioni nelle quali vi sono 300 ospiti) perché la Madonna stessa glielo chiese, ma anche perché il marito ed i suoi figli la sostennero appoggiandola. Ed ora che i genitori non sono più giovanissimi, le figlie ed i generi ed i nipoti portano avanti i suoi progetti di accoglienza e di amore, con grande passione e competenza.
Un villaggio d’amore con 296 ospiti e 220 assistenti
Gli ospiti del “Piccolo Paradiso” sono 180 e 116 sono coloro che vivono nel “Elvira Rota Villagge” cioè “al podere” come dicono gli addetti. Tre quarti degli ospiti non hanno alcuna capacità motoria e vivono su speciali carrozzelle. Devono essere imboccati, cambiati ed assistiti in tutto. Tutti sono incontinenti. Basti sapere che al Piccolo Eden funzionano tredici lavabiancheria industriali che lavano oltre 2500 pannolini al giorno e tutto quello che viene di conseguenza. Gli ospiti, contrariamente a quanto potremmo pensare, sono contenti; ridono e sorridono spesso. Non li ho mai visti piangere e poche volte li ho sentiti gridare. I bambini delle due strutture, o come li chiama Domitilla “I miei angeli”, distano circa venti chilometri l’una dall’altra. Gli ospiti sono organizzati e divisi in varie sezioni che si distinguono per il colore, con dodici, o quindici o venti persone per gruppo, a secondo della gravità dell’handicap degli stessi ospiti. Quelli particolarmente violenti o autolesionisti sono separati dagli altri. La loro aggressività viene controllata dalla presenza di personale specializzato.
Le cure con cui vengono assistiti gli ospiti di Edenvale e del Elvira Rota Village sono semplici quanto indispensabili. Gli ospiti partecipano ogni giorno a sedute di terapia del movimento, di fisioterapia, di musicoterapica, di riflessologia plantare ed una volta alla settimana, tutti trascorrono qualche ora nelle vasche dell’idromassaggio o cavalcando un docile cavallo che si adegua ai suoi piccoli ed indifesi ospiti. Nell’acqua i bambini trovano un ambiente rilassante che li aiuta a riacquistare la sensibilità del proprio corpo ed il rapporto con gli animali li fa sentire persone come tutti. Non si tralascia nulla che possa giovare a far star bene questi piccoli ed innocenti angeli. “Ma la cosa più importante soggiunge Lucy, una figlia di Domitilla che ha sostituito la madre nella direzione dell’Istituzione, è che, con queste terapie, i nostri bambini percepiscono che qualcuno si prende cura di loro e perciò si sentono amati”.
Scrive Domitilla nel suo diario quando ancora era all’inizio di questa avventura d’amore: “I bimbi ospiti delle nostre due Istituzioni hanno le anime luminose come il sole. Sono loro che ci insegnano l’amore. Sono angeli dalle ali dorate che illuminano le tenebre in cui è immerso il nostro cammino”.
Nel podere dove vivono 120 ospiti, bambini ed adulti, sono coltivate più di cinquecento piante di noci e di mandorle. Gli ospiti della casa, a secondo delle loro possibilità e guidati sempre da un educatore, passano ogni giorno dei momenti di tempo a dividere il frutto di queste piante dal guscio ed a impachettare i gherigli. Sotto la tutela di Peter, il marito di Agnese, una delle figlie di Domitilla, sono allevati un cavallo, alcune mucche, galline, oche, pecore, conigli, eccetera. Il tutto serve anche ad integrare la dieta degli ospiti. Ma la cosa particolarmente interessante è la intuizione che, sulla base delle singole capacità, ogni giorno lavorativo, i ragazzi di turno, sono preparati dagli assistenti a fare quanto possono fare. Dice Peter: “Una macchinetta automatica farebbe molto più presto e sarebbe più conveniente. Ma qui l’obiettivo è un altro: questi ragazzi coinvolti nella gestione dei lavori della casa, acquistano la consapevolezza di essere importanti e si sentono amati e questo li rende contenti”.
Domitilla e Daniele continuano ad essere due persone straordinarie
Dopo quanto è stato detto credo che non sia difficile farsi un’idea della famiglia di Daniele e Domitilla. Lei ha sempre lavorato con le mani e con il cuore; lui con le mani e con la testa. Il bello di questa famiglia è sicuramente nell’unione che hanno vissuto e che ancora li unisce. Domitilla, per prima, ha incominciato; ma Daniele l’ha seguita subito e l’ha sostenuta. E poi, a mano a mano che le figlie crescevano si sono sentite coinvolte. La mamma non poteva fare tutto ed il papà andava anche a lavorare per cui era necessario che qualcuno provvedesse e tenesse i rapporti con le autorità, con i fornitori dei vari generi necessari, con gli assistenti sociali, con le autorità politiche ed assistenziali. In tutto il South Africa, negli anni Sessanta, quando Domitilla ha incominciato a preoccuparsi dei bambini con questo tipo di handicap, non vi era una sola istituzione che accogliesse i disabili mentali; né per i piccoli, né per i grandi.
Non è stato facile perché tutto è partito da quota zero come succede nella costruzione dei villaggi turistici. Non c’era nulla e, in men che non si dica, sorgono molte abitazioni. Così è successo quando è nato “little Eden” e “L’Elvira Rota Village”. Ora c’è un’associazione, un’organizzazione, una gestione che fa invidia e molto ben gestita. Il segreto è semplice e tutti potrebbero adottarlo. Però è troppo semplice e nessuno crede che sia questa la ricetta giusta: Domitilla e Daniele sono persone di grande fede, anche se non hanno avuto nessuna esitazione nel coinvolgere altre persone di fede diversa. Fanno quello che possono , ma poi affidano il tutto alla Vergine Santa.
La cappella “Madonna degli Angeli”
venne costruita nel cortile del Little Eden ed è una prova di questa fede semplice e genuina. Domitilla insiste nel dire che la Vergine stessa le ha affidato questi piccoli angeli. Ogni volta che un sacerdote si rende disponibile viene celebrata la santa messa nella cappella ed i piccoli ospiti vi partecipano con devozione. Dice la stessa Domitilla: “E’ difficile credere. Ma ogni volta che questi miei angeli vengono accompagnati in cappella, si crea un silenzio ed un raccoglimento speciali quando i ragazzi si trovano davanti all’altare. E’ come se questi miei angeli sentissero la sacralità del momento e del luogo”.
E per non venire meno a questo ideale di preghiera e di dialogo che Domitilla ha portato avanti per tutta la vita, condiviso da Daniele e coltivato in famiglia, in casa, si recita ogni sera il Rosario. Ora che loro raggiungono la rispettabile soglia dei novant’anni e le figlie sono sposate ed i nipoti sono grandi, ogni martedì sera ci si riunisce in casa dei genitori o dei nonni e si cena assieme. E finita la cena, senza chiedere se tutti sono d’accordo, si prende in mano la corona e si recita il rosario. E se qualcuno arriva tardi, aspetta a servirsi la cena perché i venti minuti del rosario sono sacri e non si toccano. Veramente commovente!
Quasi leggesse nel mio cuore i pensieri che si accavallavano e si rincorrevano dentro di me, Domitilla, guardandomi fissa negli occhi mi dice: “Se la Vergine deve continuare a proteggere i miei angeli, dobbiamo anche invocarla; e pregarla! Ed affidare a lei i nostri piccoli-grandi problemi!”.
Interessante è anche la filosofia che Domitilla ha elaborato durante tutti questi anni, circa il dolore innocente dei “suoi angeli” e di quelli sparsi in tutto il mondo. Sarebbe bello elaborare questa tesi e fermarsi qualche volta a riflettere. Questi piccoli o grandi ospiti sono angeli, soltanto angeli. Il loro dolore ha un valore redentivo. Scrive padre David Maria Turoldo a proposito del dolore dell’uomo: “La risposta di Dio di fronte al dolore dell’uomo è Gesù. Il resto è silenzio”.
E Domitilla gli fa eco: “La Madonna e Gesù sono presenti nei corridoi del “Piccolo Paradiso”. Mi piace pensare che ogni sera si affianchino ad ogni lettino per baciare in fronte ciascuno di questi angioletti”.
Assunta Tagliaferri
venerdì 5 dicembre 2008
Gli angeli del Piccolo Paradiso
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Rivista Apostolo di Maria
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