Una chiesa universale
di Paolo Andreoletti
“Sempre più radicati in Cristo, i cristiani devono sforzarsi di vincere ogni tendenza a chiudersi in se stessi e imparare a discernere l’opera di Dio nelle persone di altre culture. Ma solo l’autentico amore evangelico potrà essere talmente forte da aiutare le comunità a passare dalla mera tolleranza verso gli altri al rispetto autentico delle loro diversità. Solo la grazia redentrice di Cristo può renderci vittoriosi nella sfida quotidiana di passare dall’egoismo all’altruismo, dalla paura all’apertura, dal rifiuto alla solidarietà”.
Questo breve richiamo al messaggio di Giovanni Paolo II, redatto in occasione dell’89ª giornata mondiale del migrante e del rifugiato celebratasi nel 2003, ci introduce bene nel nuovo anno, il 2009, e ci introduce bene nello speciale di questo numero che ha come tema la vocazione universale della chiesa.
La Chiesa Cattolica è per sua natura “Universale”, è questo il significato del termine “cattolico” dal greco: katholikòs, cioé “universale”. La chiesa è una, santa, cattolica e apostolica, così recita il credo che ogni domenica professiamo durante la celebrazione eucaristica. Ma questa dimensione universale della chiesa è anche il punto dolente su cui è importante soffermarsi a riflettere.
Gesù poco prima di salire al cielo, una volta conclusa la sua missione come uomo in mezzo agli uomini, ha affidato agli apostoli, e attraverso di essi a tutta la chiesa, la missione di andare in tutto il mondo per annunciare ad ogni creatura la buona novella. Questa missione la Chiesa non l’ha mai dimenticata. Pensiamo solamente a tutti i missionari anche laici che sono partiti per ogni angolo della terra fedeli a questo comando di Cristo. La missione Ad Gentes c’è ancora oggi, non è finita, ci sono ancora dei missionari che partono per la missione, ma a questa forma di evangelizzazione se ne è affiancata un’altra. Oggi capita che sia il mondo che viene a noi e noi siamo i missionari di Cristo. I nostri paesi e le nostre città sono sempre più popolati da quella che potremmo definire la nuova “Galilea delle genti”. Uomini e donne di ogni cultura e regione di questo mondo, e in modo particolare delle regioni più povere di questo mondo, non bussano alla nostra porta ma semplicemente entrano e portano con sè la propria fede.
Di fronte a questa nuova realtà due possono essere gli atteggiamenti: aprirsi a questo nuovo multiverso culturale e religioso, oppure chiudersi in se stessi. Non è questa una scelta facile. Scegliere di conoscere la nuova realtà che ci circonda, richiede lo sforzo di vincere le proprie paure e di approfondire la nostra scelta di fede, per evitare di essere impreparati nell’incontro con l’altro. Forse potremmo cercare di cogliere l’occasione che ci viene offerta, una occasione, insita in ogni nuovo incontro, di arricchire e di arricchirsi, di donare e di ricevere e di crescere.
Se non altro sentiamoci almeno missionari di Gesù e della sua parola a casa nostra.
venerdì 5 dicembre 2008
Rivista "L'Apostolo di Maria" di gennaio 2009
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