di Padre Valentino Bosco
La lode è la forma di preghiera più presente nella Bibbia: è la risposta riconoscente che l’ebreo dà alla benedizione divina. La lode nasce dallo stupore e dall’ammirazione in presenza di Dio. Dovendo essere normalmente intelligibile alla comunità nel suo sviluppo la lode diventa facilmente canto, cantico, inno, musica, danza. La lode appare per lo più legata alla liturgia della sinagoga e ancor più del tempio dove, col passar del tempo, diverrà sempre più strutturata. La partecipazione del popolo è viva e gioiosa, specialmente nelle feste annuali e nei momenti costitutivi della storia di Israele. I salmi, molti dei quali nati per uso liturgico, sono i più usati nella preghiera ebraica. Anche in ambito cristiano la lode troverà ampio spazio. Testi neotestamentari, assieme ad altri dell’era postapostolica, quando descrivono le liturgie cristiane, danno molto rilievo al rendimento di grazie, presente in maniera insistente nella componete eucologica dei formulari celebrativi. Non a caso la massima celebrazione della Chiesa, la Santa Messa, è chiamata “Eucaristia”, che vuol dire “rendimento di grazie”.
Nella vostra assemblea c’è una che non conoscete
In questa premessa biblica, collochiamo il nuovo tema mariano. Entriamo nella sinagoga di Nazaret e osserviamo ciò che avviene tra i convocati alla preghiera. Tra di loro, all’interno dei vari passaggi rituali, si sviluppa un tripudio di esultanza che ‘prende’ persone e assemblea. La ristrettezza dello spazio ci permette di scorgere facilmente e osservare con attenzione la presenza di una fanciulla: il suo nome è Maria. È una praticante fedele e devota. Esternamente poco o niente la distingue dagli altri partecipanti, se non quello slancio intenso e interiorizzato, pur fisicamente contenuto e senza esibizioni, dal quale si lascia pervadere tutta. Una lode totalmente gratuita, quella di Maria, che le arriva alle labbra da un cuore che vuole solamente dire all’Altissimo amore e adorazione. Il suo rendimento di grazie appare libero da ogni interesse personale, nè viene adottato come espediente per accappararsi la simpatia e i favori divini. Maria sa bene che il Dio della Bibbia non sta a questi intrecci che sanno di mercato sacro. Egli è un Dio gratuito e non ha motivi per questuare lodi.
Allo sguardo degli uomini, solitamente attratti dalle estetiche dei corpi e scarsamente in grado di cogliere le ricchezze interiori delle persone, quella compaesana è un’orante ordinaria. Anche i dotti non vedono oltre. Sono guide cieche, incapaci di cogliere la presenza della perla preziosa.
Il quotidiano spazio celebrativo
Per natura sua la lode ebraica è storica, nel senso che ha come motivi per sprigionarsi i prodigi disseminati lungo tutta la storia biblica, specialmente i ‘mirabilia’ fondanti della loro fede, tipo la librazione dalla schiavitù d’Egitto, il passaggio del mare dei giunchi, l’entrata nella terra promessa. La lode ebraica è vissuta come un ‘memoriale’ delle meraviglie operate da Dio. I prodigi del Signore permangono vivi e freschi nel cuore della storia di Israele, in attesa di essere richiamati a riproporsi in mezzo alle assemblee.
Ma una semplice reminiscenza storica, anche se proclamata nel rispetto di tutti i cerimoniali, non è in grado di riattualizzare le meraviglie toccate ai Padri. Non così avveniva a Maria, alla quale il contatto vitale con il mistero salvifico che i vari memoriali proponevano, riusciva sempre perfetto. Dopo aver attraversato tutta la storia precedente, l’evento celebrato la raggiungeva, fresco e vigoroso, generando un’abbondanza di ‘berakah’ (rendimento di grazie). Questi rendimenti di grazie potevano essere di grande portata come il ‘Magnficat’, nel quale la Vergine Maria esulta nello spirito per la meraviglia delle meraviglie che le è stata concessa da Dio, la maternità divina. Più sovente invece la lode era di portata modesta, legata al vivere quotidiano. A sprigionate l’alleluia potevano essere un’esperienza di grazia, una lettura biblica, un gesto di carità, la bellezza di un tramonto, l’esplodere della primavera, lo sbocciare di un fiore. Ponendosi come prolungamento delle celebrazioni sacre che avvenivano al tempio, il quotidiano di Maria diventava uno spazio liturgico, dove a celebrarsi era la sua vita concreta. Una liturgia esistenziale indispensabile. Alle celebrazioni dei memoriali previste dal calendario, Maria non si presentava mai a mani vuote, portava con sé cesti di frutti freschi, appena colti dall’albero dei suoi vissuti giornalieri. Mai ripetitive, le sue partecipazioni erano sempre al passo con i voleri di Dio.
Il suo cantico della creature
Dentro agli ‘hillel’ (lodare) mariani passava anche il canto del creato, del quale ancora una volta i salmi erano testimonianza palpitante. Membro di un popolo che aveva alla sue spalle una storia da nomade, in buona parte ancora dedito alla pastorizia e alla coltivazione dei campi, a contatto costante con la terra e il cielo, Maria gustava le bellezze e le ricchezze del creato. In merito della grazia originale di cui godeva per privilegio divino, Maria rientrava così nel Paradiso perduto. Si sentiva nuovamente parte viva del creato, rievocando lo stupore dei progenitori, facendo riecheggiare nell’intimo il loro grido di gioia e di lode, fruendo con riconoscenza dei frutti della terra e dei benefici del cielo. Godette di quel ‘tutto era buono’ con cui Dio consacrò il creato, facendone dono ai progenitori. L’unica a sviluppare rapporti innocenti con il creato fu Maria, perché lei stessa nata innocente. Vedendo riflesso nella natura la bellezza del Creatore e la provvidenza del Padre, come non poteva non lodare l’Altissimo, facendosi voce di ogni creatura? Anche Maria ha elaborato il suo ‘cantico delle creature’. Quanto mi piace quella Vergine della visitazione: sollecita nel passo, dal volto gioioso, con le mani aperte verso l’alto, lo sguardo leggermente rivolto al cielo e le labbra aperte a significare la lode che le sale dal cuore. Una con il creato Maria canta le meraviglie del Signore: “Jahvè, mio Dio, tu sei grande, rivestito di maestà e grandezza” (Sal 96,3).
venerdì 6 febbraio 2009
Sulle mie labbra sempre la tua lode
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Rivista Apostolo di Maria
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