di Silvia Daminelli
Eccoci finalmente… stiamo arrivando a Toleza, uno dei centri a cui facciamo visita dove si radunano gli orfani di cinque villaggi per la distribuzione dei pacchi di Natale e del consueto denaro mensile, il sole è caldissimo ed è quasi mezzogiorno. È la stagione delle piogge e i campi sono rigogliosi, il “chimanga” è già alto e tutto è verde, si ha come l’impressione che tutto vada per il meglio e che il cibo sia abbondante come non mai ma forse è solo un’illusione…
Il camion dietro di noi, carico dei regali per i nostri orfani, non si vede ancora ed Ethel (la responsabile dell’Orphans Care di Balaka) comincia ad esprimere la sua preoccupazione: “Abbiamo fatto tardi e i bambini ci staranno aspettando da ore, saranno tutti accalcati sotto ai pochi alberi in attesa. Preparatevi perché purtroppo non sarà una grande festa quest’anno, la fame si è fatta sentire molto prima del previsto. Le scorte di granoturco sono terminate a causa dell’alluvione che ha colpito diversi villaggi l’anno passato e vedrete che i bambini arriveranno con il sacchettino nei pantaloni per correre a comprare il “chimanga” appena avremo dato loro il regalo di Natale ed il mensile”.
Beh, non è proprio ciò che ci eravamo prefigurate io ed Elisabetta ma siamo qui per portare testimonianza di tutto ciò in Italia e che possiamo fare se non prender parte a questa sofferenza? Arriviamo finalmente al villaggio e una folla di bambini, accalcata sotto gli alberi, ci osserva con un’espressione che oserei definire delusa e quasi arrabbiata. “Stanno aspettando il camion con i pacchi di Natale e finchè non lo vedranno non esprimeranno la loro gioia!” ci spiega Ethel rispondendo alle nostre facce interrogative, “eccolo sta arrivando…. lo vedete?”.
Effettivamente come lo intravedono, i bambini si alzano e quasi ci assaltano senza lasciarci scendere dalla macchina cantando e ballando il benvenuto nonostante il caldo svenevole e nonostante le loro facce portassero i segni della fame. Sono così tanti che sembra quasi impossibile che il progetto riesca a sostenere una quantità tale di orfani; “eppure in questo villaggio ce ne sono solo un quinto del totale”, mi ricorda Felix (collaboratore dell’Orphans Care).
E già ha ragione, sono quasi cinque mila ormai. Così tra canti e balli inizia la cerimonia di distribuzione del tanto atteso regalo di Natale: zainetto con materiale scolastico, zucchero, sale, sapone e altri beni essenziali. Tuttavia prima di cominciare Ethel raduna bambini e genitori esprimendo il suo pensiero di fine anno e di augurio per il Natale: “Carissimi, l’anno scolastico si è appena concluso e il Natale è alle porte. Sappiamo bene che tanti di voi ancora non sono stati promossi, nonostante le possibilità che il progetto vi da sostenendo la vostra formazione scolastica che altri ragazzi non hanno. Vorrei quindi esortarvi, in vista del nuovo anno scolastico, a cercare di superare ciò che ancora vi blocca nel perseguire gli obiettivi importanti della vostra vita come la vostra scolarizzazione. Tutti devono andare a scuola e siete perfettamente consapevoli che questo è uno dei motivi per cui ricevete il sostegno a distanza, è un’opportunità che vi viene data e fareste bene a non sprecarla”.
Le parole di Ethel risuonano piuttosto significative in vista del nuovo anno scolastico in quanto il progetto di sostegno a distanza non vuole essere un semplice contributo economico ma anche un appoggio non indifferente alla famiglia per il pagamento delle tasse scolastiche che pesano enormemente sull’economia familiare, specialmente quelle della scuola secondaria. Molti orfani hanno la possibilità di frequentare la scuola secondaria proprio perché fanno parte del progetto ed il fatto che ci sia un alto tasso d’insuccesso scolastico o che ad un certo punto decidano di interrompere la frequenza per dedicarsi ad altro o per sposarsi è molto indicativo. Perché dovrebbero farlo?
Le ragioni purtroppo sono molte, ciò che incide maggiormente è la condizione di povertà in cui la gente vive e che spesso e volentieri costringe i ragazzi a cercare espedienti per sopravvivere e allo stesso tempo mantenere la famiglia rimasta senza i suoi membri più attivi a causa dell’Aids. Così la scelta di emigrare in città in cerca di lavoro o la decisione di affrontare il matrimonio come soluzione per rendersi indipendenti dalla famiglia, quasi sempre indotto da una gravidanza inattesa. Scelte che permettono loro di fuoriuscire dal progetto e non sentirsi più obbligati a frequentare la scuola e scelte che talvolta purtroppo li portano a tornare sui propri passi perché compiute nella fretta o nella speranza di guadagnare soldi velocemente ma che solitamente falliscono dopo breve tempo. “Quante volte”, racconta Ethel, “i ragazzi vengono a chiedermi di essere tolti dal progetto perché hanno intenzione di sposarsi o perché vogliono cercarsi un lavoro ed emigrare o le ragazze perché sono incinte e non possono più frequentare la scuola perché nessuno le aiuta con il bambino e le faccende domestiche. Ciò che accade è che dopo qualche mese, specialmente le ragazze, ricompaiono pregandomi di essere riaccettate nel sostegno a distanza perché il matrimonio è fallito, il marito è sparito o è sempre ubriaco e le picchia oppure non ha trovato lavoro e non riuscendo a mantenere la famiglia è emigrato in città e non si hanno più notizie così che sono costrette a tornare dalla famiglia adottiva che deve riprendersi in carico lei e il bambino, insomma situazioni che purtroppo non sono saltuarie ma si verificano quotidianamente. Per non parlare delle ragazze che restano incinte a causa di violenze (spesso il tragitto che conduce dalla capanna alla scuola è lungo parecchi kilometri ed è facile cadere vittime di malintenzionati) che oltre a portare il peso di tale umiliazione, non riescono più a frequentare la scuola.” Le ragazze inoltre hanno anche il compito di svolgere le faccende domestiche all’interno della famiglia e il lavoro nei campi, soprattutto se mancano i genitori, cosicchè diventa davvero difficile avere del tempo “libero” per lo studio.
Purtroppo la scuola non è contemplata come investimento a lungo termine nelle vite di questi ragazzi dal momento che la logica corrente, dettata dalle necessità, è quella di pensare a ciò che può portare ad un guadagno immediato e a breve termine per sfamare i fratelli o i nonni. Ciò spiega il forte tasso di insuccesso scolastico a cui si assiste nonostante l’impegno del progetto nel pagamento delle tasse scolastiche. È vero che nell’ultimo anno si è assistito ad un leggero incremento nella quantità di ragazzi promossi rispetto agli anni passati ma è anche vero che rimane comunque una percentuale piuttosto bassa ancora da incrementare.
Così nell’ottica di rispondere alle difficoltà con cui questi ragazzi costantemente si trovano a dover fare i conti tra cui soprattutto quella di crescere orfani all’interno di una famiglia composta da soli nonni che talvolta per retaggio culturale o semplicemente per necessità non favoriscono la formazione scolastica dei propri nipoti, si è sentita l’esigenza di fornire un servizio differente all’interno dell’Orphans Care che non fosse solo di assistenza economica ma che ricoprisse un ruolo più attivo. A breve sarà operativo il nuovo ufficio distaccato, Vocational Promotional Office, che si occuperà di seguire gli orfani frequentanti la scuola secondaria e che attualmente sono più o meno settecento. Saranno operatori sociali malawiani già esperti nel campo a penetrare all’interno delle famiglie di questi ragazzi e nei villaggi al fine di implementare quella rete di aiuto già esistente composta da coloro che operano all’interno dell’Orphans Care ovvero i volontari che vivono nei villaggi, le famiglie che si prendono in carico l’orfano e l’ufficio orfani di Balaka con questo nuovo servizio che collaborerà strettamente anche con i servizi sociali locali. Essi dovrebbero divenire delle figure di riferimento per l’accompagnamento di questi ragazzi in una fase importante della loro vita come quella del passaggio all’età adulta specialmente in un momento difficile come quello che sta vivendo ora l’Africa intera nel passaggio da tradizione a modernità, una transizione che vede lo scardinarsi di antiche tradizioni e l’affermarsi di nuove tendenze. Essere orfani in una fase così delicata e crescere con i nonni significa perdere quelle figure cruciali di riferimento come il padre e la madre che per parte della loro vita hanno già vissuto questo passaggio e che purtroppo non possono dare il proprio contributo alla crescita dei figli e alle loro scelte di vita ma che anzi, con la loro morte li lasciano ad affrontare situazioni a volte insormontabili oltre a lasciare un vuoto affettivo incolmabile.
“Guarda Ethel”, dice Elisabetta sulla via del ritorno, “avevi ragione, si son fermati a comprare la farina, chissà da quanti giorni mangiavano solo mango”.
lunedì 23 marzo 2009
Balaka Orphans Care
Etichette:
Malawi,
Rivista Apostolo di Maria
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