di Alberto Valentini
La missione di Maria è presentata mediante tre verbi di cui ella è il soggetto unico: concepirai-partorirai-chiamerai. Se i primi due verbi si coniugano al femminile, l’imposizione del nome non è di per sé compito materno. Diversamente da Lc 1,13 (cf. Mt 1,21), è lei che attribuisce il nome (come Is 7,14): l’averlo sottolineato è un accenno alla maternità verginale.
Il compito della Madre
Il nome da dare al bambino è Gesù. Luca - a differenza di Mt 1,21 - non ne spiega il significato salvifico: lo farà più tardi (2,11; 1,69.71; 2,30). Il v. 31 presenta la maternità messianica ed è formulato sulla falsariga di Is 7,14.
I vv. 32-33 presentano la figura del Messia davidico. Il confronto con il precursore (1,15ss) fa emergere la grandezza ed unicità del figlio della Vergine, il quale “sarà grande” e verrà chiamato “figlio dell’Altissimo”. Questo titolo non indica direttamente la divinità: è l’appellativo classico del re davidico, come appare in 2Sam 7,14; Sal 2,7; 89,27. Le formule “figlio di Dio” o “figlio dell’Altissimo”, applicate al re, indicano la vicinanza e la particolare protezione del Dio dell’alleanza sulla sua persona e le sue imprese. Il seguito della descrizione presenta la regalità davidico-messianica del nascituro, sempre sullo sfondo dell’oracolo di Natan (cf. 2Sam 7,14): il Signore lo porrà sul trono di Davide e garantirà la stabilità del suo regno sulla casa di Giacobbe.
Non è ancora espressa la divinità del bambino né l’universalità del suo dominio che sarà proclamata da Simeone (cf. Lc 2,32). Il messaggio angelico sarà approfondito ed esplicitato nei vv. 35ss. A tale chiarimento è finalizzata l’interrogazione di Maria (v. 34), che si frappone alle parole dell’angelo.
L’affinità tra la domanda della Vergine e l’obiezione di Zaccaria è solo apparente. In realtà l’atteggiamento dei due personaggi è radicalmente diverso, come risulta non solo dal fiat di Maria - proclamata beata per la sua fede (cf. Lc 1,45), a differenza di Zaccaria punito per la sua incredulità - ma dal tenore e dall’oggetto delle due domande. Mentre il sacerdote alle parole di Gabriele, che hanno già rivelato l’evento, obietta con scetticismo: «da che cosa saprò questo?» (Lc 1,18), Maria non mette in discussione la verità del messaggio, ma semplicemente interroga circa il modo del suo compimento: “come sarà questo?” (Lc 1,34). La domanda della Vergine serve a introdurre una rivelazione più piena del mistero di Gesù e ad esplicitare la modalità della sua particolarissima situazione di vergine chiamata ad essere madre. Ciò avviene puntualmente nella risposta dell’angelo (v. 35), dove è in primo piano lo Spirito-Potenza dell’Altissimo, il quale interverrà sulla vergine.
Nel v.35 le espressioni Spirito santo e Potenza dell’Altissimo (cf. At 10,38) evocano lo Pneuma creatore aleggiante sulle acque primordiali (cf. Gen 1,2) e atteso per la fine dei tempi come forza proveniente dall’Alto (cf. Is 32,15). La Potenza dell’Altissimo adombrerà la Vergine, come la nube che conteneva la šekînâ (cf. Es 40,34; Nm 9,18.22; 10,34), presenza efficace di Dio in mezzo al suo popolo. Ad opera dello Spirito e della sua Potenza si realizza dunque una nuova creazione: il bambino sarà di fatto totalmente “santo”, Figlio di Dio. Del figlio di Zaccaria, si era detto che sarebbe stato ripieno di Spirito santo fin dal seno materno (1,15), ma non che sarebbe stato generato per opera dello Spirito. Inoltre il v. 35 presenta una novità: lo Spirito discenderà non sul Messia, ma sulla madre vergine, rendendo santa la radice e il germoglio che da essa spunterà (cf. Is 11,1s).
La rivelazione del v. 35 è spiegabile a partire dalle prime formulazioni cristologiche neotestamentarie, fondate sulla risurrezione di Cristo (cf. At 13,32s; 2,32-36). Nell’Annunciazione, pertanto, troviamo una cristologia messianico-davidica in linea con le attese d’Israele e una cristologia neotestamentaria elaborata alla luce dell’evento pasquale (cf Rm 1,3-4).
A conferma del mistero della nascita del Figlio di Dio l’angelo addita alla Vergine la maternità di Elisabetta e le ripete quanto un giorno aveva assicurato ad Abramo (cf. Gen 18,14), che, cioè, nulla è impossibile a Dio (v. 37). Gabriele evoca il personaggio per la cui fede ha preso avvio la storia d’Israele, e nella cui discendenza sarebbero state benedette tutte le stirpi della terra. Ora che tale promessa di benedizione sta per compiersi è necessaria una fede simile, anzi superiore. L’Antico Testamento inizia con la fede di un uomo segnato dagli anni, la pienezza dei tempi si inaugura con l’obbediente adesione di una giovane donna.
La Risposta della Vergine
Giunge puntuale e generosa la risposta della Vergine: “Ecco la serva del Signore: avvenga a me secondo la tua parola” (Lc 1,38). Il sì di Maria è il punto di arrivo di un non facile itinerario di accoglienza del disegno di Dio, che si articola in tre fasi, come tre sono gli interventi dell’angelo. Nella risposta di Maria sono evidenti due parti. La prima («ecco la serva del Signore») è un’espressione quasi stereotipa per il costume orientale: proclamandosi serva, ella dichiara certamente la sua povertà davanti a Dio, ma anche la piena disponibilità a compiere quanto Egli ha stabilito. Tale disposizione interiore prepara la seconda parte della risposta, nella quale la Vergine non solo accetta, ma auspica («avvenga di me!») che nella sua vita si compia la Parola di Dio in tutte le sue virtualità. Il commento più pertinente a tali parole si ha nell’esclamazione di Elisabetta: «Beata colei che ha creduto che ci sarà un compimento alle cose che le sono state dette - parole sempre attuali ed efficaci - da parte del Signore».
lunedì 23 marzo 2009
L'annunciazione alla Vergine
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Rivista Apostolo di Maria
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