lunedì 23 marzo 2009

Sulle sue ginocchia la gloria del Signore

di Valentino Bosco

Tempo fa mi imbattei in un libro dal titolo ‘Le Pietà nell’arte’. Fra le tante che vi erano riportate, alcune attirarono la mia attenzione per la loro originalità. In questo articolo intendo riflettere su una di queste ‘Pietà’, firmata da uno scarabocchio che potrebbe essere interpretato come S. Scarti e denominata: “Sulle sue ginocchia la gloria del Signore’.

In positura offertoriale
La scena è collocata ai piedi di una croce folgorante avviata verso la dissolvenza, come se venisse risucchiata dalla Gloria di Dio. Del tutto originale è l’atteggiamento della Madonna, che tiene sulle ginocchia il Cristo morto con la testa che tende ad abbandonarsi sul petto della madre. Il capo di Maria è leggermente rialzato. L’interesse di Maria sembra rivolto non al corpo del figlio ma all’umanità, che le sta idealmente davanti. Gli occhi appaiono chiaramente interlocutori, come se fossero impegnati nel dialogo con qualcuno. Le braccia di Maria esprimono lo sforzo di sostenere il Cristo morto, nell’intento di presentarlo e consegnarlo. È un atteggiamento, quello della Vergine, che impegna l’intera persona, protesa in avanti, nell’intenzione di esternare con gesti attivi e intraprendenti il sentimento che domina in quel momento il suo animo: consegnare al mondo non un Gesù cadavere e sconfitto, ma un Gesù Vivo, Vittorioso, Glorioso, già Signore della storia.
Maria, abituata com’era a cogliere i fatti in profondità e a leggere gli eventi nel loro vero significato, dando ad essi la giusta dimensione e la giusta collocazione, fa capire di aver inteso il senso di quella tragedia e tenta di esprimerlo nel gesto, artisticamente ben delineato, di consegnare Gesù, prossimo alla risurrezione, quale salvatore del mondo per il quale egli era venuto.

“Bella nella passione di Cristo”
La migliore interpretazione del dipinto in questione l’ho trovato nell’inno cristologico di S. Paolo. “Il quale ( Cristo ) pur essendo di natura divina - non considerò un tesoro geloso - la sua uguaglianza con Dio - ma spogliò se stesso - assumendo la condizione di servo - e divenendo simile agli uomini - apparso in forma umana umiliò se stesso – facendosi obbediente fino alla morte – e alla morte di croce. - Per questo Dio l’ha esaltato e gli ha dato un nome – che è al di sopra di ogni altro nome; - perché nel nome di Gesù – ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sottoterra; - e ogni lingua proclami che Gesù è il Signore – a gloria di Dio Padre” (Fil 2,5-11). Una tesi paolina che ricorre sovente nelle lettere dell’Apostolo e che trova riscontro nel Vangelo di S. Giovanni, per il quale la glorificazione di Gesù avvenne sulla croce e grazie alla croce. Nacque allo spirare del Cristo come risposta compiacente e riconoscente del Padre nei confronti di un Figlio che senza omettere neppure un iota, portò a compimento la missione affidatagli, compreso l’ultimo atto drammatico della passione e morte. In questa ottica Maria si era collocata e progressivamente vi si era addentrata, riuscendo ad adeguarsi talmente al pensiero di Dio da considerare lo scandalo della croce come il definitivo trionfo di Gesù sul male. Possiamo allora capire il perchè la croce veniva sovente chiamata dai Padri della Chiesa ‘trono’, ‘vessillo’, ‘trofeo’… addirittura ‘culla della salvezza’, ‘talamo’ su cui si sono consumate le nozze tra Cristo e la sua Chiesa. L’iconografia bizantina amava dipingere il Cristo in croce con gli occhi aperti, vestito con paludamenti regali, incoronato da una preziosa e gemmata. “Quando sarò innalzato da terra attirerò tutti a me”.
L’innalzamento sulla croce per il ‘sentire’ teologico, spirituale e artistico degli orientali in genere, significava per Gesù salire gli ultimi gradini che ancora lo separavano dal trono, percorrere l’ultimo tratto di pista che ancora lo teneva lontano dalla vittoria e dall’incoronazione finale. Per fratelli orientali la croce di Cristo non poteva essere che gloriosa, a differenza di noi occidentali che per troppo tempo, specie a livello di devozione popolare, abbiamo evidenziato della croce l’aspetto dolorifico. Se per noi la ‘Pieta’ evidenziava l’aspetto drammatico e dolente del mistero della redenzione, per loro era già parte della dimensione pasquale. Una ‘Pietà’ pasquale! L’ inno dei vespri della festa dell’Esaltazione del Croce canta: “Ecco il vessillo della croce, mistero di morte di gloria… O albero fecondo e glorioso, ornato di un manto regale, talamo, trono e altare, il corpo di Cristo Signore… Bilancia del grande riscatto, che tolse la preda all’inferno… O croce unica speranza…”. Una glorificazione che rimarrà ‘costretta’ nella Kenosi ancora per tre giorni, per poi esplodere in tutto il suo fulgore e in tutta la sua potenza il giorno della Pasqua, allorché la pietra del sepolcro nel quale era rinchiuso ‘il crocifisso’, verrà definitivamente ribaltata. Un evento che Maria per fede già attendeva nel suo intimo: quella fede che non venne mai meno, fiamma che, unica fra tutti i seguaci di Gesù, continuò ad ardere vigorosa e luminosa, nonostante che la bufera dell’accaduto soffiasse in direzione contraria. La ‘Donna del terzo giorno’ la chiama T. Bello.
Mentre l’occhio umano vedeva solo i segni della Kenosi, l’occhio di Maria, il cui cristallino umano veniva potenziato da quello della fede, si spingeva in avanti. Tanto in avanti da oltrepassare il ‘dato di fatto’, che è morte e putrefazione, intravedendo, come abbiamo già accennato, il risvolto conclusivo e risolutivo di quella tragedia la gloria del Cristo risorto, l’Agnello pasquale, la sorgente della vita, l’albero della vita. Invece di versare lacrime e di innalzare lamenti pur legittimi ad una madre, la Vergine avrebbe voluto proclamare ‘a gran voce’ agli astanti: “Ecco qui l’Agnello di Dio che ha portato su di sé i peccati del mondo” (Gv 1,29), a Lui la gloria, la potenza, l’onore”. Una ‘Pietà’ vista in quest’ottica appare addirittura bella, come proclama un prefazio mariano: “Bella nella passione del Cristo, imporporata dal suo sangue, come mite agnella unita al sacrificio del mitissimo agnello, insignita di una nuova missione. Bella nella risurrezione del Signore, con il quale regna gloriosa, partecipe del suo trionfo”.

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